Massimiliano Martelli

La musica per me è stata in principio come un rifugio, una dimensione dove trovare riparo quando sentivo il bisogno di isolarmi, di rilassarmi e lasciarmi momentaneamente alle spalle qualcosa che era lì a tormentarmi cuore e pensieri. E per lungo tempo sono rimasto solo un ascoltatore, un fruitore emozionato e appagato della musica “fatta da altri”. Poi arrivò una sera, il concerto di un cantautore che conoscevo ma in modo superficiale e soprattutto che non avevo ancora mai visto dal vivo. E, in quella serata, quell’artista più di tutti riuscì a risvegliare qualcosa che in me era latente, una voglia che diventava quasi urgenza di cucire suoni su parole mie e farne un vestito musicale per ogni immagine, episodio e storia, raccolti e conservati in me. Canzoni che riflettessero però uno stile mio, con una mia cifra distintiva. E questo è il mio modo di intendere e suonare la musica: da rifugio si fa strumento e infine linguaggio, per raccontare e raccontarmi. La musica come parte di me. È dare ai miei piedi un’altra direzione e un altro viaggio da percorrere, forse il mio modo per non diventare uno di “quegli uomini che passano sui fogli del mondo come scarabocchi”, per dirla come Claudio Baglioni, sì proprio lui, quello che in una serata speciale ha avuto, inconsapevole, una parte di colpa o merito in questa scelta mia. E anche per rispondere a quello che De André cantava: "Continuerai a farti scegliere o finalmente sceglierai?"