Videogiochi e apocalisse: riprese videoludiche del libro della rivelazione
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L’Apocalisse è stata definita come «uno dei miti culturali più potenti e invasivi dell’Occidente». È infatti indubbio che un numero sempre maggiore di prodotti mediali si richiami a quello che viene generalmente definito «immaginario apocalittico», contraddistinto da catastrofi, devastazioni, terrore per il senso dell’incombente fine dell’umanità, e in qualche caso dalla lotta dualistica tra bene e male. L’ambito videoludico non fa eccezione: innumerevoli sono i titoli che si rifanno a un tale immaginario, o ambientati in un periodo immediatamente successivo alla fine, tanto che quello «post-apocalittico» può essere considerato un vero e proprio sottogenere videoludico. Tuttavia, l’uso indiscriminato dei termini «Apocalisse» e «apocalittico» in riferimento a cornici narrative genericamente catastrofiche o post-catastrofiche, rischia di affievolire, se non di sciogliere del tutto, i legami con i riferimenti culturali e religiosi loro propri. Il nucleo di questo immaginario trova infatti origine nei testi apocalittici giudaico-cristiani, e segnatamente nell’Apocalisse di Giovanni e nelle sue sovrastrutture esegetiche e iconografiche. La discussione si dividerà pertanto idealmente in due parti. Una prima sarà dedicata all’esame di titoli che si richiamino apertamente al testo giovanneo, o quantomeno ne traggano evidente ispirazione, quali la saga di Darksiders (con particolare attenzione al primo titolo: Wrath of War) e di Diablo, istituendo quindi un raffronto con alcuni esempi di esegesi visuale tratti da manoscritti miniati medievali. Una seconda sezione vuole avanzare la suggestione che due iconici villain, Kefka Palazzo (Final Fantasy VI) e Ganondorf (The Legend of Zelda), possano avere tratti in comune con la figura dell’Anticristo, così come definita dalla tradizione esegetica dell’Occidente medievale e tardo-antico.