Ottava lezione della nuova stagione di BREVISSIME. Lezioni di storia delle arti intitolata PARADISO IN TERRA e che si terrà fino al 30 maggio all'Archivio Gucci di Firenze.
Agrumi dell'agronomo e arboricoltore Giovanni Morelli.
Gli alberi sono ovunque, con le loro declinazioni infinite: foreste, parchi e giardini, viali, frutteti. Luoghi selvaggi o segnati dalla mano dell’uomo.
Solitari, a piccoli gruppi o in immense moltitudini occupano con discrezione ogni spazio, lentamente e silenziosamente; possono essere scacciati ma, quasi sempre, alla fine, cocciutamente ritornano.
Sono la misura della vita; la loro assenza segna il confine di ciò che non può essere abitato: deserti, distese di ghiaccio o di acqua, vette alpine.
Portatori di irrisolvibili ambiguità, gli alberi sono potenzialmente immortali eppure sedentari, tanto da farsi luogo ed ecosistema. Sono vivi, eppure al contempo parzialmente morti ed autoriciclanti. Sono individuo e colonia.
Per questo gli alberi - in fondo semplice fenomeno biologico - sono da sempre sospesi tra natura e cultura, affascinante espressione della più assoluta alterità.
D’altra parte per decine di migliaia di anni gli alberi ci hanno garantito riparo, cibo e medicamenti, legna da ardere o da opera. Sono stati confine, tempio e chiesa, hanno ospitato i nostri dei ed hanno animato le nostre leggende, hanno custodito le nostre paure e hanno lenito le nostre pene. Sono stati simbolo, stemma e bandiera. Hanno attraversato, senza soluzione di continuità, l’intera storia dell’arte umana. Si sono fatti “monumentali”.
Amare gli alberi, tentare di comprenderli, rispettare la loro diversità è, prima di tutto, un atto di rispetto verso noi stessi e verso tutti coloro che ci hanno preceduto.