Goodnight, My Lai
Informazioni sull'evento
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16 marzo 1968
53 anni fa, la Compagnia Charlie dell’esercito degli Stati Uniti, sotto il comando del Tenete William Calley entrava nel piccolo villaggio di My Lai, provincia di Quang Ngay, nel Viet Nam centrale ad un centinaio di chilometri a sud di Da Nang. Nonostante non fosse segnalata la presenza di Viet Cong e nonostante nessun cenno di ostilità fu registrato nei confronti degli americani in quella terribile giornata, in poche ore i soldati statunitensi sfogarono sugli abitanti di My Lai un’ingiustificata quanto feroce rabbia. In una surreale escalation di violenza, l’esercito simbolo del mondo civilizzato bruciò capanne, uccise civili inermi e diede sfogo ai suoi peggiori istinti, sintomi di un malessere generazionale che giusto in Viet Nam stava esplodendo in tutta la sua criticità. Non è ancora chiaro se a fine giornata le vittime furono 347 o addirittura 500. L'unica certezza è che si trattò solamente di donne, anziani, bambini e persino neonati.
Il coraggio di pochi soldati e di un giornalista portò alla luce questa storia che tuttavia, nonostante un’iniziale interesse da parte dell’opinione pubblica, venne presto insabbiata e dimenticata. Una sola fu la condanna, continuamente ridotta in virtù di chissà quale logica marziale, fino a diventare la più classica delle bacchettate sulle mani che precede il colpo di spugna finale.
Nessuna giustizia è mai stata resa al popolo di My Lai.
L'interesse di un gruppo di amici -teatranti amatoriali, con tanta passione ed idee- diede vita il 16 marzo 2008 (nel cinquantesimo anniversario della strage) al progetto "Goodnight, My lai" che voleva raccontare My Lai al più vasto pubblico possibile. Naque per informare circa i progressi verso la creazione di uno spettacolo o di un testo che non voleva essere una caccia alle streghe né tantomeno un effimero ed intempestivo j’accuse contro un intero esercito. Goodnight, My Lai. nacque per informare, raccontare, far rivivere. E’ forse il primo ed unico tentativo di ridare dignità, se non giustizia, alle vittime di quest’orrenda strage.
Il titolo riscrive quello di uno dei film più conosciuti su questa guerra: Goodmorning Viet Nam. Se l’opera di Barry Levinson è sicuramente apprezzabile per la sensibilità con cui affronta l’argomento, un solo vizio di forma può venire in mente: come gran parte dei libri, film e canzoni (il repertorio è sterminato) sulla guerra in Vietnam, la prospettiva è sempre e solo quella dei soldati americani. Per una volta, quindi, l'intenzione è quella di raccontare il vissuto -tragico e silenziato- dei vietnamiti.
Il soggetto è stato concepito da Long Marco Bao e Giovanni Poli, testo di Long Marco Bao. I lavori sulla messa in scena sono iniziati due anni fa, e hanno coinvolto tutto il gruppo degli allievi del laboratorio teatrale di Pierantonio Rizzato (Teatro Popolare di Ricerca - Teatri Off Padova) che si è generosamente incaricato della regia.
La messa in scena è stata più volte rimandata per via della pandemia in corso, ma non abbiamo mai perso di vista l'obiettivo perchè, in fondo, raccontare e far raccontare è l’unica maniera che ci viene in mente per far rivivere il ricordo di My Lai. Un villaggio che da 50 anni vaga nell’oblio in attesa che qualcuno parli della sua gente, permettendogli di riposare in pace per sempre.
In attesa che qualcuno, raccontando la sua storia, sussurri finalmente buona notte My Lai.